“Nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia”

M. V. Montalbán


31 marzo 2012

Occhio alla Red Bull!

Ad oggi il consumo della Red Bull è molto elevato e negli ultimi anni si è registrato un incremento del suo utilizzo, specialmente tra i più giovani.

Che cos'è la Red Bull?
La Red Bull fa parte delle bevande definite "funzionali".
Gli ingredienti principali della Red Bull sono: il primo su tutti caffeina, taurina (un aminoacido naturalmente presente nel nostro organismo), glucuronolattone (un derivato dello zucchero), saccarosio, glucosio, qualche vitamina e infine acqua.
La Red Bull si fa pubblicità dichiarando (alla lettera) che "grazie alla sua combinazione unica di ingredienti, Red Bull Energy Drink stimola corpo e mente. Red Bull Energy Drink è stato concepito per coloro che vogliono avere una mente lucida e concentrata, che fanno attività fisica o sono sempre in movimento e desiderano avere un ottimo rendimento, e che allo stesso tempo vogliono condurre uno stile di vita dinamico e divertente. 
In altre parole, Red Bull mette le ali a coloro che vogliono essere mentalmente e fisicamente attivi, entusiasti di vivere a pieno la propria vita."
Il tutto è inoltre sostenuto da una serie di articoli scientifici.
Il prodotto viene quindi presentato come una bibita alquanto miracolosa che migliora la memoria, solleva l'umore, dà energia e così via. Come le altre bevande funzionali, è stato introdotto nel mercato con la promessa di migliorare la salute.

...Ma offre davvero dei benefici?
L'American Dietetic Association, dal canto suo, sostiene invece che la maggior parte delle bevande funzionali non ha la probabilità di dare benefici alla maggior parte delle persone sane.
Il quantitativo degli ingredienti aggiunti non è identificabile sull'etichetta dei prodotti. E la loro sicurezza - dosi ottimali, interazioni e conseguenze a lungo termine - è sconosciuta.
Per quanto riguarda l'energia, gli energy drink sono in grado di fornirla realmente?
Sotto questo punto di vista specialmente gli atleti fanno uso di Red Bull, inconsapevoli del fatto che non rappresenta la bevanda ideale per gli sportivi. Il quantitativo di caffeina presente, anche se inizialmente può dare una spinta energetica, può incidere negativamente sul rendimento e la performance fisica. Inoltre la concentrazione di zuccheri, parallelamente all'effetto diuretico della caffeina, è in grado di rallentare l'assorbimento di acqua da parte dell'organismo ed aumentarne le perdite con la sudorazione e le urine, influenzando negativamente l'adeguata idratazione, necessaria, oltre che in condizioni di riposo, specialmente per svolgere al meglio l'esercizio fisico.

Si tratta di una bevanda pericolosa? 
La risposta individuale agli effetti farmacologici della caffeina è molto variabile. In alcuni soggetti l’assunzione di energy drinks può causare un eccessivo aumento della frequenza cardiaca ed un incremento della pressione sanguigna.
Non a caso in alcuni paesi europei ed extraeuropei ne viene controllata la vendita.
Spesso infatti, bevande come la Red Bull, non si trovano sugli scaffali dei supermercati, alla portata di tutti.
Addirittura, paesi come la Danimarca e la Norvegia ne vietano la vendita; in Francia l'autorizzazione al commercio è stata ottenuta solo nell'aprile 2008, mentre in Gran Bretagna viene liberamente commercializzata con delle precise indicazioni sulle etichette per quanto riguarda il rischio di assumerla per le donne in gravidanza, per i minori, per i cardiopatici e in associazione con le bevande alcoliche (es. Vodka RedBull). 

...e per quanto riguarda Red Bull e Alcool?
La Società Italiana di Farmacologia afferma che la Red Bull, oltre essere pericolosa per la salute in determinate condizioni, ancora più pericolosa è quando viene associata agli alcolici.
Così come per l'American Dietetic Association, l’uso della miscela energy drinks+alcool nasce dalla voglia, da parte di chi la consuma, di una bevanda che abbia gli effetti euforizzanti dell’alcool, ma che allo stesso tempo non stordisca. Gli energy drinks possono in effetti dare l’illusione di combattere efficacemente gli effetti sedativi dell’alcool, ma lo stato di ebbrezza viene piuttosto mascherato, mentre segnali coma la fatica e la sonnolenza sono solo attenuati e restano in agguato, poiché la concentrazione ematica di alcool non viene modificata. Una volta terminati gli effimeri effetti della bevanda energetica, la sbornia si può materializzare con il suo sgradevole corteo di sintomi: vomito, cefalea, disequilibrio, sonno. Infine la disidratazione, che è una condizione aggravata sia dalla caffeina che dall’alcool ed eventualmente anche dall’esercizio fisico praticato dai giovani in discoteca.

I pericoli presi in considerazione sono attualmente oggetto di discussione anche nella comunità scientifica e sono stati denunciati di recente in alcuni articoli apparsi in letteratura.
I rischi maggiori nel bere la Red Bull consistono nel fatto che:
  • negli energy drinks come la Red Bull viene sottostimata la pericolosità degli effetti dovuti all'eccessiva assunzione di caffeina (specialmente per chi non è abituato a consumare caffè o per chi invece assume nell'arco del giorno sia caffè che lattine di Red Bull);
  • la miscela energy drinks + alcool si sta diffondendo sempre di più;
  • quando viene associata ad alcolici, le persone non sviluppano la percezione degli effetti sgradevoli dell’alcool, tale da indurne l’assunzione di quantità eccessive e di conseguenza aumentare le probabilità di sviluppo di dipendenza da alcool (a partire dalla giovane età);
  • esiste la possibilità che le persone non abbiano una sufficiente percezione del loro stato di ebbrezza e che per questo possono essere responsabili di incidenti stradali.
Per tutti questi motivi, la Società Italiana di Farmacologia ha richiesto al Ministero della Salute di imporre che sia aggiunta sulle etichette di tutti gli energy drinks l'avvertenza che se ne sconsigli l’uso in soggetti cardiopatici ed ipertesi, e avverta sui rischi derivanti dall’associazione con alcool, proprio come succede in Gran Bretagna.


Fonti: Società Italiana di Farmacologia, Energy drink: una preoccupazione per i consumatori ed una proposta  per il Ministero della Salute", 2007.

26 marzo 2012

Caffeina: aiuta ad annullare la sonnolenza? Quali sono i suoi effetti?

La caffeina agisce come un leggero stimolante sul sistema nervoso centrale. Questo è il motivo per cui alcune persone bevono caffè: mantenersi sveglie e vigili.
E' una sostanza che si trova naturalmente in foglie, semi e frutti di più di 60 piante, fra cui la pianta del caffè, delle fave di cacao, nelle foglie di tè e nelle noci di cola.
Il caffè rappresenta la fonte principale di caffeina, il cui quantitativo dipende dal tipo, dalla quantità e dai metodi di produzione del caffè stesso.


 Per quanto riguarda gli effetti esercitati dalla caffeina sul nostro organismo...
  • Molti studi hanno confermato che la caffeina non causa ipertensione arteriosa, ma può comunque comportare un rialzo per qualche ora della pressione sanguigna.
  • Può avere un modesto effetto diuretico e quindi incrementare la perdita di liquidi corporei attraverso le urine; comunque sia la caffeina non comporta disidratazione nè squilibri elettrolitici.
  • Nonostante molti pensano che bere caffè aiuti a smaltire la sbornia da alcool, la caffeina non annulla gli effetti delle bevande alcoliche assunte..solo il tempo fa tornare sobri;
  • Un'assunzione eccessiva di caffeina può causare nervosismi, ansia o insonnia. Inoltre può aumentare momentaneamente la velocità dei battiti cardiaci.
...tutti questi effetti non durano a lungo. Entro 3-4 ore le persone sane smaltiscono ed espellono la caffeina.
Mentre per i fumatori occorre poco meno.

...SENSIBILITA' ALLA CAFFEINA...
In generale la tolleranza verso la caffeina varia da persona a persona.
La sensibilità verso la caffeina dipende dalla quantità e dalla frequenza con cui viene assunta, dal peso corporeo e da altri fattori, come il livello di ansia.
Un regolare bevitore di caffè non nota gli effetti della caffeina quanto una persona che lo beve occasionalmente. Per la maggior parte degli adulti sani, l'assunzione di  moderati quantitativi di caffeina (200-300 mg/dì, pari cioè a 2-3 tazzine di caffè al giorno) non causa effetti particolari.

Si può diventare dipendenti dalla caffeina?
No.
Ma le bevande a base di caffeina, se vengono bevute regolarmente e poi sospese all'improvviso, possono provocare dei sintomi a breve termine che scompaiono nell'arco di un giorno o due (ad esempio sonnolenza, mal di testa, minor concentrazione).

...qualche consiglio:
1) non superare il quantitativo di 3 caffè al giorno (ciò vale anche per gli ipertesi);
2) coloro che soffrono di ulcere gastriche, gastriti e reflusso gastroesofageo dovrebbero evitare il caffè (che aumenta la secrezione gastrica), preferendo comunque sia l'assunzione dopo i pasti ed evitando quella a digiuno;
3) durante la gravidanza e l'allattamento limitare l'assunzione delle bevande a base di caffeina (non dannosa fino a 300 mg, pari cioè ad un massimo di 6 caffè espresso);
4) per chi soffre di insonnia, evitare il caffè e tutte le bevande a base di caffeina, in particolar modo la sera.

"A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco." - Erri De Luca



23 marzo 2012

Bevande alcoliche: quante kcal assumo?

Le bevande alcoliche (vino, birra, cocktail, superalcolici e amari) sono costituite prevalentemente da etanolo, acqua e in minima parte da altre sostanze naturalmente presenti o aggiunte: zuccheri, coloranti e composti aromatici.
L'etanolo (o alcool) è una sostanza non essenziale ed estranea per il nostro organismo, che è comunque in grado di sopportarlo a patto che non vengano superati i livelli stabiliti: 
non più di 2-3 Unità Alcoliche (U.A.) per l'uomo;
non più di 1-2 per la donna;
mentre gli anziani non ne dovrebbero consumare più di 1.

Che cos'è l'Unità Alcolica?
L'U.A. corrisponde a 12 grammi di etanolo. Questa è la quantità di etanolo contenuta in "una porzione" di bevanda alcolica. La "porzione" varia quindi a seconda del tipo di bevanda alcolica che prendiamo in considerazione, infatti i 12 grammi di etanolo sono contenuti in:
  • 125 ml di vino (un bicchiere da vino)
  • 330 ml di birra (una lattina)
  • 40 ml di superalcolico (bicchierino da bar)

Quante calorie apporta l'etanolo?
Nonostante non sia un nutriente, l'etanolo apporta 7 kcal per grammo, quasi quanto quelle apportate da 1 grammo di grassi! Vengono inoltre definite CALORIE VUOTE per il fatto che non assicurano al nostro organismo nutrienti.
Se dovessimo creare una scala ascendente di calorie, vedremmo che l'etanolo si trova al penultimo posto:
1) carboidrati e zuccheri (3,75 kcal/g)
2) proteine (4 kcal/g)
3) alcool (7 kcal/g)
4) grassi (9 kcal/g)

Quante calorie ho assunto se ho bevuto 2 bicchieri di vino da 12% a cena e una birra chiara da 66 cc?
Specialmente durante i fine settimana succede che vengano organizzate serate fra amici che in media possono comportare l'assunzione di un quantitativo elevato di bevande alcoliche.

GRADAZIONE ALCOLICA E GRAMMI DI ALCOOL:
Innanzitutto, per poter stabilire le calorie assunte dalle sole bevande alcoliche, è necessario prendere in considerazione la gradazione alcolica (riportata in etichetta), cioè il contenuto di alcool espresso in gradi (in volume su 100 ml).
Ad esempio: 1 litro di vino da 12% vol. significa che contiene 120 ml di alcool (e quindi 880 ml di sostanze non alcoliche).
-> Per arrivare al conteggio calorico, è necessario conoscere la quantità di alcool espressa in grammi.
     Il peso specifico dell'alcool è pari a 0,8 (significa cioè che 1 litro di alcool pesa 0,8 kg).  
     Si moltiplicano quindi: 120 ml x 0,8 = 94,8 grammi di alcool/litro vino

CONTEGGIO DELLE CALORIE:
Per ottenere il quantitativo calorico apportato da 1 litro di vino basta prendere in considerazione i grammi di alcool e moltiplicarli per 7 kcal:                    94,8 grammi x 7 kcal = ca 664 kcal

FORMULA SEMPLIFICATA:
Accorpando i vari passaggi si ottiene una formula semplificata, da utilizzare per calcolare precisamente le calorie che assumiamo se beviamo un certo tipo e un certo quantitativo di bevanda alcolica:
kcal = Gradi x (Quantità in litri) x 8 x 7
(kcal = 12 x 0,15 litri (1 bicchiere) x 8 x 7 = 100,8) 



...se vi capita quindi di bere 2 bicchieri di vino a cena e una birra avrete assunto un totale di ca 365 kcal...in termini calorici praticamente un piatto di pasta da 100 grammi!

22 marzo 2012

7 motivi per cui TUTTI dovremmo essere vegetariani

  • LA FAME NEL MONDO
Secondo i dati FAO del 2004, 840 milioni di esseri umani (specialmente bambini e i paesi nel sud del mondo) soffrono di malnutrizione per difetto. La fame nel mondo non è causata dalla scarsa presenza di risorse per la produzione di cibo, ma dalla distribuzione non omogenea di quest'ultimo e dagli sprechi enormi. Infatti 36 Paesi su 40 di quelli più poveri al mondo esportano cibo verso Stati Uniti ed Europa.
Il Brasile è uno dei Paesi in cui si conta il più elevato numero di persone malnutrite (16 milioni) e che esporta 16 milioni di tonnellate di soia (dati FAO 2001), destinata ai mangimi per l'allevamento, da cui poi riusciamo a trarre la carne presente nelle macellerie dei nostri supermercati.
Oltre al Brasile, il Messico, l'Etiopia, l'Egitto, la Cina...
Si potrebbe pensare: "Sì, ok...tutti i prodotti vegetali che produciamo li utilizziamo per gli animali, i quali a loro volta però ci restituiscono carne, latte, uova e così via.."
In realtà non ne facciamo mai un guadagno. L'animale considerato come se fosse una macchina che trasforma risorse vegetali in animali è completamente inefficiente! Questo perchè per produrre 1 kg di proteine animali servono 15 kg di proteine vegetali! 
L’economista Frances Moore Lappé ha calcolato che in un anno, nei soli Stati Uniti, sono state prodotte 145 milioni di tonnellate di cereali e soia. Per contro, sono stati ricavati 21 miloni di tonnellate di carne, latte, e uova. Facendo la differenza, si ottengono 124 milioni di tonnellate di cibo sprecato: questo cibo, avrebbe assicurato un pasto completo al giorno a tutti gli abitanti della Terra!
(fonte: Frances Moore Lappé, “Diet for a small planet”, New York, Ballantine Books, 1982).


Un ettaro di terra destinata ad allevamento bovino produce in un anno 66 kg di proteine. Destinando lo stesso terreno alla coltivazione della soia otterremmo nello stesso tempo 1848 kg di proteine, cioè 28 volte di più (fonte: J. Andrè, Sette miliardi di vegetariani).
L’Europa è in grado di produrre abbastanza vegetali da nutrire tutti i suoi abitanti, ma non i suoi animali. Infatti solo il 20% delle proteine vegetali destinatie agli animali d’allevamento proviene dall’interno, il resto viene importato dai paesi del sud del mondo, impoverendoli ulteriormente, e sfruttando le loro risorse ambientali.
(Fonte: Commissione Europea).
Se tutti, sulla Terra, adottassero un modello di consumo come quello oggi imperante nei paesi occidentali, il pianeta non potrebbe reggere, servirebbero almeno due volte e mezza le terre emerse oggi esistenti.
Viceversa, se tutti seguissero il modello alimentare vegetariano, potremmo nutrire 11 miliardi di persone (contro i 6 miliardi attualmente esistenti).
I paesi ricchi oggi possono consumare così tanta carne solo perché sfruttano suolo e risorse dei paesi poveri in cui il consumo di carne è minimo.

  • GLI SPRECHI ENERGETICI
Anche l’energia fossile necessaria per la produzione di cibi animali è di gran lunga maggiore di quella necessaria per la produzione degli stessi nutrienti da fonti vegetali.
Le calorie di combustibile fossile spese per produrre 1 caloria di proteine dal grano sono pari a 2,2.
Per i cibi animali ne servono molte di più, in media 25, ma in particolare 40 per la carne bovina, 39 per le uova, 14 per il latte, 14 per la carne di maiale (fonte: Sustainability of meat-based and plant-based diets and the environment, David e Marcia Pimentel, Am J Clin Nutr 2003).
Jon R. Louma afferma che per ogni caloria ingerita dall’americano medio, servono 9,8 calorie di carburante fossile, quindi in un anno un americano “mangia” 13 barili di petrolio. 

  • INQUINAMENTO CHIMICO
Non si tratta di un problema legato all’agricoltura in sé e per sé, ma all’agricoltura finalizzata all’allevamento di animali: per quanto riguarda gli erbicidi, ad esempio, è indicativo il fatto che l’80% di quelli usati negli USA viene utilizzato nei campi di mais e di soia destinati all’alimentazione degli animali. Il massiccio uso di fertilizzanti è dovuto soprattutto alla pratica
della monocoltura, che risulta conveniente in quanto consente una industrializzazione spinta: vengono standardizzate le tipologie di intervento, i macchinari agricoli, le competenze e i tempi di lavoro. Se anziché alla monocoltura i suoli fossero destinati a coltivazioni a rotazione per uso diretto umano, non sarebbero necessari prodotti chimici, perché il suolo rimarrebbe fertile.
  • INQUINAMENTO DA DEIEZIONI
Si tratta dell'inquinamento dovuto agli escrementi degli animali.
In Italia gli animali d’allevamento producono annualmente circa 19 milioni di tonnellate di deiezioni a scarso contenuto organico, che quindi non possono essere usate come fertilizzante. Contengono infatti prodotti chimici (farmaci, fertilizzanti) di cui gli animali sono imbottiti.
Calcolando il carico equivalente, ovvero trasformando il numero di animali in quello equivalente di popolazione umana che produrrebbe lo stesso livello di inquinamento da deiezioni, in totale, in Italia, gli animali equivalgono ad una popolazione aggiuntiva di 137 milioni di cittadini, cioè più del doppio del totale della popolazione (fonte: “Le fabbriche degli animali”, E. Moriconi, 2001).
Il 16% del metano immesso nell’atmosfera, una delle cause dell’effetto serra, viene emesso dagli animali d’allevamento.
  • ABBATTIMENTO DELLE FORESTE PLUVIALI
Una delle cause principali dell'abbattimento delle foreste pluviali, oltre al legname che ne viene ricavato, consiste nella creazione di pascoli per l’allevamento di bovini destinati a fornire carne all’Occidente.
In Costa Rica, ad esempio, durante gli anni ’60 e ’70 l’aumento vertiginoso delle esportazioni di carne verso gli Usa - conseguente al boom del consumo degli hamburger - determinò un vero e proprio assalto alle foreste pluviali; oggi sono ridotte a poco più del 10% della loro estensione originaria (fonte: Unimondo).
Nella foresta Amazzonica, l’88% del territorio disboscato è stato adibito a pascolo.
In totale, la metà della foresta pluviale dell’America centrale e meridionale è stata abbattuta per l’allevamento e il ritmo di disboscamento è in continua crescita...  
Per produrre un hamburger dai manzi dell’America Latina, si devono abbattere 5 mq di foresta tropicale (fonte: J.Denslow, C.Padoch, People of the Tropical Rainforest, University of California, 1988).
  • OVERFISHING
Si tratta della pesca intensiva nei mari di tutto il mondo.
La quantità di pesci ancora presente nelle acque è sempre più esigua.
L’allevamento di pesci - o itticoltura - è quindi in rapida crescita (38% del pesce venduto in Italia, nel 2003), ma crea più problemi di quanti ne risolva. Solo il 12,4% degli allevamenti è “estensivo” (i pesci sono liberi in stagni o in lagune costiere), il restante è intensivo (vasche di cemento o gabbie in mare)
(fonte: Ismea 2003, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 2003).



Qual è la soluzione a questo sfacelo?
Una sola: cambiare le nostre scelte alimentari diminuendo il consumo di cibi di origine animale. 
Non si tratta di cambiare i metodi di coltivazione o allevamento: fintanto che il consumo di alimenti animali continuerà ad essere così elevato (e nel mondo sta aumentando perché i paesi in via di sviluppo  incrementano la loro richiesta di carne) non vi è possibilità d’uscita.
Più che potete. Poco è meglio di nulla, ma più alta sarà la diminuzione del consumo di carne, latte e uova, fino anche al 100%, se decidete di farlo, maggiori saranno i benefici.
Abbiamo un potere immenso nelle nostre mani: non servono leggi, non servono le decisioni dei potenti, la decisione sull’alimentazione da seguire spetta solo a noi. È un grande potere, e quindi anche una grande responsabilità.

Per approfondimenti sull'impatto ambientale e sociale delle scelte alimentari www.nutritionecology.org/it


Fonti: www.scienzavegetariana.it - Ecologia della Nutrizione: Vacche grasse, bambini magri, foreste disboscate

Vegetarianismo: non solo una questione di etica, ma di ACQUA!

"La grandezza di una nazione e il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali" - Gandhi

Chi sceglie di seguire un'alimentazione vegetariana lo fa per motivi etici e morali. Il più delle volte si tratta di una scelta ispirata alla nonviolenza, all'animalismo e al rispetto dei diritti animali.
Le ragioni etiche scaturiscono dal fatto che i vegetariani sostegnono la tesi secondo cui anche gli animali sono capaci di provare emozioni di gioia e dolore e che, per questo motivo, dovrebbero essere loro riconosciuti gli stessi diritti dell'uomo: diritti alla vita, alla libertà, al fatto di non essere torturati, uccisi e sfruttati per ricavarne cibo, o, come accade nelle corride, sfruttati per (un assurdo) diletto.

Se da un lato seguire un'alimentazione vegetariana rappresenta una questione di morale e di coscienza propria, da un altro forse non tutti sanno che non dovrebbe rappresentare solo questo. 

"Nulla darà la possibilità di sopravvivenza sulla terra quanto l'evoluzione verso una dieta vegetariana" - Einstein. 
Un'affermazione simile, dichiarata questa volta non da un filosofo religioso, dovrebbe farci riflettere ancora di più riguardo all'importanza del vegetarianismo, non solo da un punto di vista puramente etico, bensì ambientale e sociale.
Già negli anni '90 venne introdotto il concetto di IMPRONTA ECOLOGICA per misurare l'impatto dei nostri consumi sulla natura: l'impatto delle coltivazioni di cereali e di leguminose destinate all'alimentazione degli animali è fortissimo in termini di erosione del suolo e di altre forme di danneggiamento, mentre la continua ricerca di nuovi pascoli pesa in modo determinante sulle foreste e sugli habitat naturali. 
Ad oggi, secondo l'Organizzazione per l'Alimentazione e l'Agricoltura (FAO) il 36% di tutti i cereali prodotti al mondo viene impiegato per nutrire gli animali da carne e da latte, con differenze che vanno dal 4% in India, al 25% in Cina, al 65% negli Stati Uniti.
Inoltre, il rapporto 2004 del World Watch Institute riporta che il quantitativo di acqua utilizzata per l'irrigazione delle coltivazioni destinate al mangime per gli animali, quella necessaria per abbeverarli e quella impiegata per la pulizia delle stalle è enorme: per OGNI CHILOGRAMMO DI CARNE DI MANZO VENGONO CONSUMATI 108 METRI CUBI DI ACQUA. In altre parole, per renderci meglio conto, per produrre soli 5 kg di carne bovina serve tanta acqua quanta ne consuma una famiglia media in un anno. 
Gli allevamenti consumano una quantità d'acqua molto maggiore di quella necessaria per coltivare soia, cereali, o verdure per il consumo diretto umano.
Quasi la metà dell'acqua consumata negli Stati Uniti è destinata alle coltivazioni di alimenti per il bestiame e si stima che una vacca da latte beva 200 litri di acqua al giorno, 50 litri un bovino o un cavallo, 20 litri un maiale e circa 10 una pecora.
Inoltre, gli allevamenti sono strutture ecologicamente costose anche per la produzione di gas serra, dato che i ruminanti generano metano pari a un sesto delle emissioni globali. 
Il Living planet index è la media di tre indici che misurano i cambiamenti nelle foreste, nell’acqua e negli ecosistemi marini. Si nota chiaramente un netto peggioramento globale (37%), avvenuto tra il 1970 e il 2000, della situazione planetaria. 
L’Ecological footprint è la misura dell’utilizzo delle risorse naturali da parte dell’umanità. Si nota un aumento dell’80% tra il 1961 fino al 1990, ma il dato più preoccupante è la situazione attuale, che consuma risorse con una percentuale del 20% al disopra della capacità biologica della terra. Detto in altro modo, gli attuali consumi eccedono in maniera indiscutibile e grave le capacità di sopravvivenza del pianeta. E questa percentuale è in continuo aumento.


20 marzo 2012

Polifenoli nel vino...devo bere per assumerli?

Cosa sono e che funzione hanno i polifenoli?
I polifenoli sono micronutrienti che rivestono un importante ruolo: sono antiossidanti, vale a dire proteggono le cellule dall'azione dei radicali liberi che si sviluppano da eventi stressogeni come fumo, radiazioni, inquinamento, raggi ultravioletti (del sole). 
Prevengono quindi le malattie degenerative, come cancro, patologie neurodegenerative e cardiovascolari.
L'effetto esercitato da queste sostanze sulla nostra salute dipende dal quantitativo assunto con l'alimentazione e dalla loro biodisponibilità, cioè dalla capacità da parte del nostro organismo di assorbirli. 

Dove sono contenuti?
La maggior parte delle persone pensa che il vino rosso sia l'unica fonte di polifenoli e che, per questo motivo, sia giustificata a berne in quantità abbastanza importanti. Chi non beve vino non deve obbligarsi a farlo per assicurare al proprio organismo l'introduzione di queste sostante. 
Oltre che nel vino rosso, sono principalmente contenuti nella frutta e nella verdura fresca, ma anche in bevande come il tè e il caffè, nei cereali e nelle leguminose (ad esempio nella soia). 
Gli astemi, come tutti coloro che bevono abitualmente vino, possono quindi assicurare al proprio organismo i polifenoli assumendo generose porzioni di verdura ai pasti principali e consumare fino a 3 frutti al giorno (senza superare i 500 g al dì per motivi calorici). 

Qualche consiglio per la vostra alimentazione...
  • Non superare il quantitativo di vino raccomandato per la popolazione: per le donne fino a 1 bicchiere di al giorno; per gli uomini fino a 2 bicchieri al giorno
  • Variare il più possibile le verdure e i frutti scelti
  • Preferire il consumo di frutta fresca e verdure fresche di stagione
  • Le cotture a temperature elevate (ad es. in pentola a pressione) riducono drasticamente il contenuto polifenolico
  • Preferire quindi sistemi di cottura come la bollitura o, meglio ancora, la cottura a vapore che consente il mantenimento di tutti i micronutrienti presenti, non riguardanti solo i polifenoli, ma anche sali minerali e vitamine
  • Come condimento preferire l'utilizzo di olio extravergine d'oliva a crudo
  • Per aumentare l'apporto di polifenoli, integrare nella propria alimentazione della frutta secca  (circa 20 g al giorno di noci, mandorle, nocciole, ecc).

 Fonti: Polyphenols: food sources and bioavailability, American Journal of Clinical Nutrition, 2004


19 marzo 2012

...e se mio figlio non mangia la frutta?!

Spesso succede che molti genitori si trovano in difficoltà e non sanno quali soluzioni adottare dopo che i propri bambini rifiutano ripetutamente la frutta che viene loro offerta.


Come far consumare la frutta ai nostri figli?
Possiamo prendere in considerazione l'idea di frutta disidratata (come albicocche, pere, uvetta, ciliege, mango, ananas e banane)...e gradulamente introdurre frutta fresca;
preparare puree di frutta fresca da aggiungere nello yogurt della colazione o della merenda, per poi sostituirle con pezzi di frutta;
servire purea di frutta a fine pasto, anzichè frutti interi.

Se vengono rifiutati gli agrumi - considerati particolarmente aspri - prendere in considerazione altre fonti di vitamina C:
fragole, cocomero, kiwi, succhi di frutta arricchiti di vitamina C, spremute di arancia ben matura, rucola, broccoli, cavolfiori, cavoli e patate.


18 marzo 2012

Perchè ci viene l'acquolina in bocca?

La produzione del succo gastrico si attiva non solo con l'introduzione di cibo, ma anche col semplice pensiero di mangiare qualcosa.
Fu Ivan Pavlov, un fisiologo russo, che si dedicò prevalentemente allo studio della fisiologia della digestione e che nel 1903 scoprì il riflesso condizionato
Durante lo studio della regolazione delle ghiandole digestive, Pavlov dedicò particolare attenzione al fenomeno della “secrezione psichica”.  Notò infatti che facendo vedere ad un animale del cibo, tali ghiandole iniziavano il loro funzionamento; se lo stimolo visivo veniva tolto, esse cessavano la loro secrezione. 
Le ricerche di Pavlov sulla fisiologia della digestione lo portarono a definire una vera e propria scienza sul riflesso condizionato.
Dopo molti esperimenti sui processi digestivi, Pavlov intuì come alcuni stimoli che non sono direttamente collegati al cibo, possano generare secrezioni salivari note comunemente come "acquolina in bocca"; poté quindi dimostrare che il cervello controlla i comportamenti non solo sociali, ma anche fisiologici. 

Glutammato di sodio: un nemico in cucina

Cos'è precisamente il glutammato di sodio?
Come sta ad indicare il nome, si tratta di sodio aggiunto al glutammato, un aminoacido presente in natura, che si trova nei cibi a più alto contenuto in proteine (come formaggio, carne, pesce, latte e alcune verdure).

Perchè è diventato così popolare fra cuochi e consumatori?
Perchè rappresenta l'ingrediente in grado di esaltare il gusto dei cibi come nessun altro. Inoltre il sapore del glutammato di sodio si differenzia dai classici 4 gusti dolce, amaro, acido e salato.
Il gusto è stato definito dagli occidentali "appetitoso/saporito", mentre in Giappone viene detto UMAMI.

E' un ingrediente sicuro?
La Food and Drug Administration ha riconosciuto il glutammato di sodio come un ingrediente sicuro per i consumatori.
Per gli anziani, il glutammato di sodio può comportare dei benefici da non ignorare: aggiungere l'ingrediente nelle minestre e negli stufati può rendere loro più gradevole e appetitoso il gusto dei cibi. Infatti, con l'avanzare dell'età ,il senso dell'olfatto e del gusto possono indebolirsi. Questo indebolimento può causare ai più anziani la perdita di interesse nell'alimentarsi, ponendoli a  elevato rischio nutrizionale.

Possiamo consumarlo liberamente?
Ovviamente dobbiamo ricordare che il glutammato di sodio rappresenta uno dei sostituti del sale presenti in commercio, che in generale non sono consigliabili nè salutari per nessuno per il loro contenuto più o meno elevato di sodio.
I sostituti del sale  e tutti i prodotti che li contengono sono assolutamente sconsigliabili per coloro che soffrono di patologie renali e per coloro che soffrono di ipertensione arteriosa o ne sono a rischio.

Cosa è meglio preferire per insaporire i cibi mentre cuciniamo?
Erbe aromatiche (salvia, rosmarino, maggiorana, timo, basilico, ecc), aceto e succo di limone.

Impariamo a leggere le etichette nutrizionali, nelle quali il glutammato di sodio e altri esaltatori di sapidità si nascondono dietro le sigle che vanno da E620 a E625. 

Evitare i prodotti che comunemente contengono glutammato di sodio e altri sostituti del sale: dadi da cucina, carni in scatola, prodotti congelati e liofilizzati, salumi e piatti pronti.



16 marzo 2012

Chi inventò il gelato?

Già a partire dal Medioevo, in Oriente, venne scoperto il sistema per congelare i succhi di frutta ponendoli in recipienti circondati di ghiaccio tritato.
E' così che si è sviluppato il sorbetto. La parola sorbetto sembra tragga origine proprio dall’arabo "scherbet", che significa "dolce neve".
Il vero e proprio trionfo del dolce freddo sulle tavole dei potenti avviene nel '500, con l’afflusso dai nuovi continenti di frutta, piante nuove, spezie, tè, caffè e cacao.
Presso la corte medicea di Firenze, i sorbetti ricoprivano una postizione d’onore all’interno delle feste e dei banchetti.
Il primo ad introdurre a corte questa novità fu un certo Ruggeri, un fiorentino venditore di polli.
Caterina de’ Medici, quattordicenne, sposando Enrico d’Orleans, volle il Ruggeri con sé a Parigi: in tal modo si trasferì in Francia la ricchezza culturale del Rinascimento italiano.
A Firenze intanto si affermava Bernardo Buontalenti, animatore incomparabile dei festini del granduca Cosimo I. 
Avendo ricevuto l’incarico di organizzare i festeggiamenti per accogliere una delegazione spagnola, preparò una crema aromatizzata con bergamotto, limoni ed arance, refrigerata con una miscela di sua invenzione.
Un secolo dopo, il siciliano Francesco Procopio de’ Coltelli, con una rudimentale sorbettiera costruita e lasciatagli in eredità dal nonno pescatore, decise di partire dall'Italia con l’intento di conquistare Parigi. 
Luigi XIV, il Re Sole, lodò pubblicamente i suoi prodotti contribuendo ad aumentare il suo successo, tanto che Procopio riuscì ad aprire il Café Procope a Parigi,  diventato poi uno dei più celebri caffè letterari d’Europa.
Oggi oltre 5.000 moderne gelaterie italiane, soprattutto nei paesi di lingua tedesca, in Olanda e in altri paesi del Nord, danno occupazione ad  oltre 15.000 addetti, per lo più italiani.

Fonti: Luciana Polliotti, "Gelati, gelati", Mondadori, Milano 1999

Preferire lo zucchero grezzo di canna o lo zucchero bianco, per stare a dieta?

Le caratteristiche caloriche e nutritive dello zucchero grezzo di canna e dello zucchero bianco sono le stesse. Non pensate di risparmiare calorie, nè di poter consumare più liberamente lo zucchero di canna rispetto a quello bianco.
Hanno le stesse calorie, lo stesso effetto sulla glicemia e la medesima capacità di provocare la carie dentale.
L'unica differenza fra i due tipi di zucchero consiste nella raffinazione: 
lo zucchero di canna non viene totalmente raffinato come lo zucchero bianco. La differenza del suo colore e sapore viene data dalla piccola quantità di caramello aggiunta o dalla melassa, un insieme di residui vegetali (che rappresentano il 2%) derivanti dall'estrazione dello zucchero (o dalla canna da zucchero o dalla barbabietola) che non hanno alcun tipo di valore nutritivo.

Una differenza maggiore esiste invece fra lo zucchero grezzo di canna e lo zucchero di canna integrale.
Per riconoscere lo zucchero di canna integrale da quello grezzo, è possibile far riferimento ai cristalli di zucchero: se questi sono uniformi per colore e dimensione si tratta sicuramente di zucchero grezzo.
 



















Da un punto di vista nutrizionale, lo zucchero integrale contiene un minor quantitativo di saccarosio, ha un valore calorico lievemente inferiore (e trascurabile nel caso di una dieta dimagrante), è più ricco di sali minerali (fosforo, calcio, potassio, zinco) e di vitamine (A, C, B1, B2, B6).
Rappresenta uno zucchero che non viene sottoposto ad alcun processo chimico di raffinazione o solo in minima parte.

Che differenza c'è fra Zucchero e Fruttosio?

Praticamente nessuna.
L'unica differenza fra glucosio e fruttosio consiste nella struttura chimica.
Lo ZUCCHERO da tavola in chimica viene detto SACCAROSIO, che viene ricavato sia dalla barbabietola che dalla canna da zucchero.
Il FRUTTOSIO, insieme al saccarosio, è contenuto naturalmente nella frutta e nel miele.

CARATTERISTICHE COMUNI
  • Hanno le stesse calorie: circa 4 kcal per grammo
  • Hanno la stessa capacità di innalzare la glicemia (cioè la concentrazione di glucosio presente nel sangue)
  • Il fruttosio ha un potere dolcificante superiore di circa il doppio rispetto al glucosio, tanto che risulta amaro al palato se consumato in quantità elevate. Infatti, proprio per il suo elevato potere dolcificante, dovrebbe essere utilizzato in quantità minori per zuccherare gli alimenti o le bevande.
I diabetici dovrebbero quindi prestare attenzione al consumo di fruttosio, che spesso viene considerato un DOLCIFICANTE.
I dolcificanti, nonostante il loro sapore dolce, sono privi di calorie e non innalzano la glicemia.
Fra i dolcificanti più comuni rientrano: aspartame, saccarina e acesulfame.
Sono quasi sempre contenuti nelle gomme da masticare senza zucchero, nelle caramelle senza zucchero, nelle bevande ipocaloriche e in alcuni alimenti light.
Tuttavia, nonostante il potere calorico nullo dei dolcificanti, è opportuno non eccedere nel loro utilizzo in quanto possono avere effetti collaterali, il primo fra tutti è l'effetto lassativo quando si supera il consumo di 20 g al dì (corrispondente a circa 10 caramelle senza zucchero).

15 marzo 2012

Mangio poco e non dimagrisco...com'è possibile?

A molte persone sovrappeso o obese accade di seguire diete "fai da te", con le quali viene imposta all'organismo una rigida restrizione alimentare.  
Queste tendono da subito ad eliminare pasta e pane, considerati per primi "alimenti vietati", vengono evitati gli spuntini, non si asseconda il senso di fame che normalmente nasce quando non ci si alimenta a sufficienza, e così via.
Inizialmente il peso scende rapidamente...e poi si blocca, senza riuscire ad ottenere più risultati nella perdita di peso, nonostante la costante rinuncia.
Questo avviene proprio perchè l'organismo risente dell'insufficiente quota calorica assunta nell'arco del giorno. Si innesca nel tempo un "meccanismo di risparmio", che anzichè favorire il dispendio calorico, lo contrasta. In altre parole, invece di bruciarli, il nostro organismo tende a risparmiare tutti quei pochi nutrienti ricevuti durante la giornata.
Seguendo una dieta bilanciata in nutrienti, preferendo un'alimentazione frazionata in 5 pasti al giorno, comprendente gli spuntini, assicurando all'organismo una ricca varietà di alimenti, senza ricorrere all'eliminazione di pasta e pane (fondamentali per non avvertire la fame poco dopo la fine del pasto), e inserendo o incrementando nel nostro stile di vita una regolare attività fisica (privilegiando camminate a passo sostenuto, cyclette, corsa, nuoto e sport di squadra in genere), assicuriamo a noi stessi una graduale e progressiva perdita di peso, fino al raggiungimento del peso ideale.
Paradossalmente, mangiando di più, evitando le eccessive restrizioni alimentari, si ottiene un dimagrimento costante e soprattutto salutare!

Fame... o noia?

Più spesso di quanto pensiamo, non mangiamo per la necessità di colmare il fisiologico senso di fame. 
Specialmente coloro che passano molto del loro tempo in casa non resistono dall'innescare il meccanismo di aprire il frigorifero o la dispensa, credendo di dover colmare la fame, anzichè semplicemente qualche momento di noia.
E' importante ascoltare il nostro organismo e saper riconoscere quando abbiamo realmente fame, così da evitare di ingannarci inconsapevolmente. 
La fame reale comporta una serie di sintomi: il primo fra tutti è rappresentato dal senso di "vuoto" allo stomaco e dal tipico "gorgoglio" dovuto all'aumento della peristalsi (cioè delle contrazioni) dello stomaco durante un periodo di digiuno.
Per capire se abbiamo realmente fame, chiediamoci innanzitutto se siamo davvero affamati e, se non siamo sicuri della nostra risposta, aspettiamo almeno 20 minuti e chiediamocelo nuovamente.
Inoltre non può trattarsi di fame reale se sono trascorse meno di 3 ore dall'ultimo pasto (ovviamente se durante il pasto abbiamo oggettivamente mangiato a sufficienza).
(Quando invece il senso di fame è reale, è importante concedersi uno spuntino a base di frutta o verdura).
Se prendiamo coscienza che la ricerca di cibo è dovuta ad un momento da colmare "facendo qualcosa", è importante iniziare ad imparare a gestire la noia o un'emozione negativa che ad esempio può innescarsi dal senso di solitudine.
Per aiutare noi stessi ad evitare di aprire il frigorifero o la dispensa, iniziamo a pensare di compiere altre azioni diverse dal mangiare, preparando una lista di cose da attuare (es. uscire di casa, andare a passeggiare, telefonare ad un amico, svolgere qualche mansione, ecc) e valutando la soluzione che si ritiene essere la più adatta da adottare al momento.
Questo aiuterà, sicuramente con un po' di sacrificio iniziale, a disfarsi del "vizio" di cercare cibo anche quando non ne abbiamo bisogno, ad evitare quindi l'incremento di peso e ad adottare delle sane abitudini che ci manterranno in salute.

Pasta e pane aiutano a dimagrire!

Ebbene sì. Pasta e pane sicuramente sono alimenti che non si devono evitare per seguire una dieta, specialmente se dimagrante. Diffidate da coloro che vi consigliano di eliminarli dalle vostre tavole.
Pasta e pane fanno parte del gruppo dei cereali e sono alimenti ricchi in carboidrati complessi: amido e fibra. 
L'amido deve essere necessariamente digerito dal nostro organismo. Ci permette quindi di "tenere occupato" il nostro stomaco, ritardando il senso di fame.
Così come l'amido, la fibra (presente in quantitativi superiori nei prodotti integrali rispetto ai raffinati) ritarda lo svuotamento dello stomaco e quindi posticipa il senso di fame. 

Perchè è importante ritardare il senso di fame, che prima o poi si fa comunque sentire?
L'importanza risiede nell'evitare di spilluzzicare!
Piluccare pezzetti di formaggio dal frigorifero, mangiucchiare mentre si prepara il pranzo o la cena, piuttosto che concedersi anche solo un paio di biscotti o dolcetti fuori pasto, è quello che ci ostacola nella perdita di peso, nel mantenimento del peso raggiunto.... e che avviene molto spesso perchè non abbiamo mangiato sufficienti quantità di pasta e pane al pasto precedente!