“Nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia”

M. V. Montalbán


24 maggio 2013

Colora il tuo piatto!


Creare piatti colorati non è importante solo per presentare con eleganza le portate.
Un arcobaleno di verdure e frutti nel piatto offre un’ampia gamma di fitonutrienti, ciascuno con proprietà salutari: da qualità antinfiammatorie alla capacità di ridurre il colesterolo LDL.
I fitonutrienti sono sostanze naturali prodotte dalle piante allo scopo di proteggere se stesse da virus, batteri, funghi, ma anche da insetti, siccità e sole. Oltre a questo, sono responsabili del colore, del sapore e della consistenza delle verdure e dei frutti.

Promuovono la salute rallentando i processi di invecchiamento cellulare e riducendo i rischi di sviluppare diverse patologie. La ricerca sta infatti studiando come i fitonutrienti siano in grado di proteggere l’organismo dal rischio di sviluppare alcuni tipi di cancro, malattie cardiovascolari, infarto, ipertensione arteriosa, osteoporosi, infezioni del tratto urinario ed altre condizioni croniche.
Dei 25 mila fitonutrienti presenti in natura, più di 2000 sono pigmenti, che conferiscono il colore alla pianta e ai frutti, creando un arcobaleno di colori nel piatto:

VERDE
Frutta (avocado, mele verdi, uva verde, kiwi, lime, pere verdi)
Verdura (carciofi, asparagi, broccoli, cavoli, peperone verde, piselli e zucchine)
Contengono antiossidanti e promuovono la salute della vista, riducendo il rischio di tumori.

ARANCIONE E GIALLO
Frutta (albicocche, mango, papaya, pompelmo, arancia, limone, pesca, mele gialle, ananas, fichi, melone estivo, susine gialle)
Verdura (carote, peperoni gialli, mais, patate)
Contengono carotenoidi, flavonoidi e vitamina C che riducono il rischio per alcuni tipi di cancro, promuovendo la salute del cuore, della vista e rafforzando il sistema immunitario.
Maggiore è l’intensità del colore giallo-arancio, maggiore è il contenuto in carotenoidi!

VIOLA e BLU
Frutta (more, mirtilli, prugne, uvetta, uva viola, susine)
Verdure (melanzane, radicchio rosso)
Contengono antocianine che conferiscono la colorazione blu-viola e che hanno proprietà antiossidanti in grado di promuovere la salute del tratto urinario, rafforzare la memoria e ridurre il rischio di cancro.


ROSSO
Frutta (ciliegie, fragole, arance rosse, melagrana, cocomero)
Verdure (cipolle rosse, peperoni rossi, rabarbaro, pomodori, barbabietole)
Contengono licopene, un potente carotenoide, e antocianine. Promuovono la salute del cuore, della vista, del sistema immunitario e riducono il rischio di cancro.
Quando vengono cucinati, il licopene è più disponibile e maggiormente assorbibile dall’organismo.

BIANCO e MARRONE
Frutta (banane, pere marroni, datteri, pesche bianche, melone d’inverno)
Verdure (cavolfiore, funghi, cipolle bianche, patate bianche, rape, aglio)
L’allicina presente nell’aglio e nelle cipolle, e il selenio presente nei funghi, promuovono la salute cardiovascolare e riducono il rischio di cancro.














15 maggio 2013

Frullati di frutta e latte

Una merenda golosa e ricca di vitamine!? 
L'ideale, con l'arrivo delle giornate più calde, sono i frullati a base di frutta fresca di stagione e latte! E' uno spuntino adatto a grandi e piccini, specialmente per quei bambini che non mangiano volentieri la frutta.



Per 2 persone:
300 grammi di frutta (a piacere, privilegiando la frutta di stagione!)
400 ml di latte p. scremato



L'aggiunta dello zucchero è superflua in quanto la frutta estiva è molto più zuccherina e saporita dei frutti invernali.
In caso vengano scelti frutti più aspri, si possono aggiungere 2 cucchiaini di zucchero o miele!

13 maggio 2013

Intolleranze alimentari e test


Una grande parte di persone che si rivolge al dietista spesso si dichiara intollerante o allergica a qualche tipo di alimento o a più gruppi di alimenti.  Una persona su tre ritiene di essere allergica o intollerante a certi alimenti, ma in realtà le allergie e le intolleranze sono sovrastimate e hanno un’incidenza molto più bassa (allergia del 2% tra gli adulti, mentre nei bambini l’allergia si stima tra il 3% e il 7%, anche se generalmente il problema viene superato in età scolare).

In realtà esiste una grande differenza tra allergia e intolleranza. Queste due definizioni vengono riportate costantemente nelle pagine del web che parlano di nutrizione e medicina.
L’allergia alimentare coinvolge il sistema immunitario. Al consumo di un determinato alimento, l’organismo risponde con il rilascio di immunoglobuline E (cioè anticorpi, o proteine del sistema immunitario) a causa del fatto che l’alimento assunto, teoricamente innocuo, non viene riconosciuto come tale ma come sostanza estranea e potenzialmente pericolosa (o allergene) tale da coinvolgere il sistema immunitario.
Quando le immunoglobuline E (IgE) attaccano l’allergene provocano il rilascio di istamina, a cui conseguono manifestazioni allergiche che a seconda della persona possono essere:
CUTANEE
(gonfiore di labbra, lingua, faccia, gola, orticaria, prurito, eczema, eruzioni cutanee e rossori)
RESPIRATORI
(prurito al naso, naso che cola, naso congestionato, starnuti, tosse, respiro affannato, asma)
GASTROINTESTINALI
(crampi addominali, dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, coliche, gonfiori)
SISTEMICI
(shock anafilattico, una grave condizione in cui la pressione arteriosa precipita e il soggetto può morire di arresto cardiaco se non gli viene rapidamente somministrata adrenalina per aprire le vie respiratorie).

L’intolleranza alimentare, a differenza dell’allergia alimentare, non coinvolge il sistema immunitario tramite il rilascio di immunoglobuline, ma coinvolge il metabolismo (come nel caso dell’intolleranza al lattosio, dovuta alla carenza di un enzima – cioè una specifica proteina necessaria alla digestione del lattosio). Inoltre l’intolleranza alimentare comporta una serie di sintomi gastrointestinali simili all’allergia, come gonfiore addominale, coliche, diarrea, nausea e vomito, ma che non sono conseguenza di una reazione innescata dal sistema immunitario.
Importante da sottolineare è il fatto che, mentre alla diagnosi di allergia consegue l’eliminazione dell’alimento che la causa, gli intolleranti sono in grado di sopportare piccole quantità dell’alimento che causa l’intolleranza senza sviluppare i sintomi (ad eccezione degli individui sensibili al glutine e ai solfiti).


La maggior parte delle persone si definisce tale per una propria percezione nei confronti di certi alimenti o dopo essersi sottoposta ai test delle intolleranze, che si racchiudono in una grande lista in continuo aggiornamento, tra cui rientrano Mineralogramma o analisi del capello, Test di citotossicità ALCAT, Test EAV di elettroagopuntura, Test di provocazione/neutralizzazione sublinguale, Biorisonanza, Pulse test, Test Melisa, Iridologia e tanti altri.
Nonostante le persone spendano soldi per sottoporsi a tali test per tentare di svelare il mistero della propria percezione, si tratta di test fasulli, inaffidabili, non attendibili, non riproducibili (vale a dire che se venisse ripetuto il test per una seconda volta si otterrebbe un risultato differente dal primo) e soprattutto non validati scientificamente.
Non c’è un unico studio scientifico che sostenga l’affidabilità di questi test e molto spesso chi li esegue sulle persone ne è a conoscenza e agisce unicamente a scopo di lucro. E se non ne fosse a conoscenza vorrebbe dire che purtroppo si tratta di una persona professionalmente impreparata, che fornisce informazioni sbagliate al paziente.
Nella maggior parte dei casi le figure che eseguono i test delle intolleranze non appartengono alla classe medica e di professionisti sanitari; si tratta spesso di naturopati, estetisti, operatori olistici, personal trainer, “falsi dottori” che amano farsi definire tali ma che non hanno niente a che fare con la medicina... e raramente anche qualche medico che si occupa soprattutto di omeopatia.
Gli unici articoli rintracciabili sul web che esaltano l’unicità e la validità dei test sulle intolleranze sono – guarda caso – le ditte che producono i materiali e i macchinari per eseguirle.
Ma il modo di valutare se siano test attendibili o meno si può individuarlo pur non sapendo se si tratta di metodiche diagnostiche fasulle o meno.

Nella stragrande maggioranza dei casi dai test risultano intolleranze a determinati alimenti o addirittura ad interi gruppi di alimenti. I test delle intolleranze, quasi per non deludere l’aspettativa del paziente, danno come risultato lunghe liste di alimenti da evitare e che comprendono anche cibi che... non sono mai stati consumati in una vita!

Com’è possibile risultare intolleranti ad alimenti che il nostro corpo non conosce? E com’è possibile sviluppare un’intolleranza a quegli alimenti che vengono consumati pochissime volte all’anno, in occasioni speciali?
Io stessa diversi anni fa mi sottoposi al test del capello, prima ancora di intraprendere i miei studi universitari. Il risultato fu che, oltre ad una lunga serie di alimenti che dovevo evitare nonostante fossi una bambina in crescita, ero intollerante alla coda di rospo (un tipo di pesce mai consumato in vita mia).
Le intolleranze alimentari sono possibili quando il corpo non riesce a digerire correttamente un alimento o un componente alimentare (come nel caso dell’intolleranza al lattosio, a causa della carenza dell’enzima preposto alla sua digestione), anche se è possibile la manifestazione di sintomi gastrointestinali - probabilmente dovuti a intolleranze alimentari - quando, dopo un periodo di tempo più o meno lungo, vengono assunti i soliti cibi con insistenza, al punto di sovraccaricare l’organismo, che alla lunga può manifestare intolleranza verso alcuni alimenti a causa della poca varietà di cibi consumati.
Mentre per la diagnosi di allergie alimentari è opportuna una visita allergologica, gli unici test affidabili per la diagnosi di intolleranze alimentari sono quelli al lattosio e al fruttosio tramite il BREATH-TEST (o test del respiro), dal gastroenterologo.
Per gli altri tipi di intolleranze è opportuno rivolgersi al dietista che si occupa di effettuare un’approfondita anamnesi alimentare e di procedere all’identificazione del sintomo correlato all’alimento sospetto tramite la compilazione settimanale di diari alimentari. Una volta individuato l’alimento sospetto o una combinazione di alimenti, è opportuno sospendere l’assunzione di questi alimenti per un periodo limitato di 2 settimane e valutare l’andamento dei sintomi. Se i sintomi scompaiono, i cibi sospetti verranno reintegrati nella dieta a poco a poco, gradualmente e in piccole quantità, fino a raggiungere la dose normale, mantenendo il loro consumo limitato nel tempo se i sintomi lo richiedono.
E’ un lavoro che richiede impegno da parte del paziente, ma sicuramente affidabile e basato sull’ascolto del proprio corpo.


European Food Information Council (EUFIC) - Le allergie e le intolleranze alimentari, 2006

12 maggio 2013

Dieta mediterranea: la chiave per una sana alimentazione


In molti associano alla parola “dieta” un significato negativo, che porta spesso a pensare di dover iniziare un periodo di sacrifici e privazioni. In realtà “dieta” deriva dal greco diaita e significa “stile di vita” o “modo di vivere”. Il termine quindi sottolinea l’importanza di una sana alimentazione quotidiana come base per prevenire le innumerevoli patologie che caratterizzano la società occidentale: sovrappeso, obesità, diabete, dislipidemie, ipertensione e malattie cardiovascolari.
Il modello alimentare più sostenuto dalla ricerca scientifica in grado di proteggere la salute, prevenendo le malattie cronico-degenerative, è la dieta mediterranea.

INRAN – Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione - 2009
Non a caso la dieta mediterranea è stata proclamata nel 2009 Patrimonio Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO. Il modello mediterraneo non riguarda semplicemente le scelte a tavola, ma riunisce in sé un insieme di culture e tradizioni. Essa promuove l'interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi e delle festività condivise da una data comunità e ha dato luogo a canzoni, massime, racconti e leggende.
Alla base della piramide alimentare mediterranea viene evidenziata l’importanza di uno stile di vita attivo tramite lo svolgimento quotidiano di una regolare attività fisica. In primo piano viene inoltre preso in considerazione un fattore importante, quello della convivialità a tavola, unito al consumo di prodotti locali, di stagione, e di acqua, da bere a volontà durante l’intero arco del giorno.
L’acqua è il componente principale del corpo, che ne è costituito al 60% circa. Dovremmo essere in grado di assumere 1,5-2 litri di acqua al giorno per garantire al corpo un adeguato stato di idratazione e il mantenimento di innumerevoli funzioni, tra cui la regolazione della temperatura corporea, il trasporto dei nutrienti e il regolare transito intestinale.
Quotidianamente la piramide sprona al consumo di frutta, verdura e cereali, preferibilmente integrali, da inserire ai pasti principali: colazione, pranzo e cena.
I cereali (pasta, pane, riso, farro, orzo, patate, ecc) contengono carboidrati e per questo motivo costituiscono la primaria fonte di energia necessaria all’organismo per svolgere innumerevoli attività: funzionamento degli organi, metabolismo cellulare, ma anche leggere, guidare, studiare, camminare e tutte le altre attività del quotidiano. Per questo motivo non devono mai mancare a partire dalla prima colazione, preferibilmente accompagnati da una tazza di latte o un vasetto di yogurt.
Frutta e verdura sono alimenti a basso contenuto calorico ma con elevato potere saziante. Oltre a contenere sali minerali, vitamine, antiossidanti e acqua, sono fonti di fibra alimentare – insieme ai cereali integrali e ai legumi – una sostanza che mantiene o ristabilisce la regolarità intestinale, aumenta il senso di sazietà e tiene sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue e glicemia, riducendo quindi il rischio di malattie cardiovascolari, diabete e tumori al colon-retto. Giornalmente dovrebbero essere consumate due porzioni di verdura e tre di frutta.
Nel modello mediterraneo rientrano anche due importanti alimenti: frutta secca (noci, mandorle, nocciole, ecc) e olio extravergine d’oliva. Entrambi hanno un elevato contenuto calorico, per cui è necessario non esagerare e fare attenzione ai quantitativi assunti. Sono fonti rispettivamente di omega-3 e magnesio, di acidi grassi monoinsaturi e vitamina E (quest’ultima potente antiossidante), che ne fanno dei cibi ottimali dal punto di vista qualitativo e per questo motivo ne viene consigliato il consumo quotidiano.
L’introito alimentare più moderato è invece attribuito ai secondi piatti, che devono essere adeguatamente distribuiti nell’arco della settimana e consumati rispettando le porzioni consigliate dai dietisti. Dovrebbero essere privilegiati legumi, pesce, formaggi e uova, tutte fonti di proteine, da cui derivano gli amminoacidi, essenziali per i muscoli e per la produzione di importanti sostanze come ormoni ed enzimi.
La nostra società è caratterizzata da un eccessivo consumo di carni e salumi, sia per quanto riguarda la dimensione della porzione, che la frequenza di consumo. Per questo motivo sono alimenti che sono stati posizionati all’apice della piramide, insieme ai dolci, il cui consumo come fine pasto non dovrebbe essere superiore a 1-2 volte a settimana.
La piramide pone l’attenzione anche sul vino, specialmente il vino rosso, che fa tradizionalmente parte della cucina mediterranea. Chi non è abituato a bere vino non deve iniziare a farlo solo perché contiene antiossidanti, presenti anche in frutta, verdura e legumi. Al contrario, chi ha l’abitudine di consumarlo dovrebbe invece bere vino sempre durante i pasti e non a stomaco vuoto, rispettando i quantitativi di 2-3 bicchieri per l’uomo, 1-2 bicchieri per la donna e un unico bicchiere al dì per l’anziano.
In conclusione, non esistono alimenti buoni o cattivi, alimenti di cui abusare o di cui privarsi. Tutto sta nella quantità e nella qualità dei cibi consumati. Il concetto fondamentale alla base della piramide alimentare della dieta mediterranea è la varietà: diversificare gli alimenti e moderare i nostri comportamenti a tavola, privilegiando frutta, verdura, cereali e riducendo alimenti ricchi di grassi, è la regola fondamentale per seguire i principi di una sana alimentazione.



7 maggio 2013

Quinoa, cioè "piede d'oca"

Non si tratta di un cereale vero e proprio, ma di uno pseudo-cereale poiché, botanicamente parlando, fa parte della famiglia delle barbabietole, dei cardi e degli spinaci, e per questo motivo le foglie della pianta possono essere consumate tanto quanto i chicchi. In natura esistono  più di 120 differenti varietà di quinoa, ma le più comuni e largamente coltivate sono la varietà bianca, rossa e nera. Ad oggi vengono commercializzati innumerevoli prodotti a base di quinoa: farina, cereali in fiocchi da colazione, muesli, pane, crackers, pasta e perfino bevande.

Un po’ di storia
La quinoa è un cereale originario delle Ande, dove venne coltivato per la prima volta dalla popolazione Inca.
Per gli Inca rappresentava la madre di tutti i cereali. La leggenda narra che ogni anno l’imperatore Inca seminasse i primi semi di quinoa con una solenne cerimonia che si svolgeva durante la pratica di semina. 
Verso la metà del 1500 il cereale fu sul punto di scomparire a causa dell’arrivo dell’esploratore spagnolo Francisco Pizarro, che per sottomettere e danneggiare la cultura Inca distrusse le coltivazioni di quinoa. Solo piccole parti di quinoa selvatica si salvarono ma fu a lungo dimenticata, fino alla sua riscoperta avvenuta soltanto nel 1970 circa.

…aspetti nutrizionali della Quinoa

 · È senza glutine e per questo adatta all’alimentazione dei celiaci. Rappresenta una scelta migliore rispetto ad altri cereali naturalmente senza glutine, infatti la ricerca suggerisce che l’aggiunta di quinoa o di grano saraceno ai prodotti senza glutine aumenti in modo significativo il loro contenuto in polifenoli (cioè antiossidanti), rispetto ai tipici prodotti senza glutine a base di farina di riso, mais e patate. 


·  Riduce il rischio di contrarre diabete di tipo 2. Il Journal of Medicinal Food riporta lo studio che dimostra quanto la quinoa e altri cereali tipici delle Ande siano in grado di gestire e regolarizzare il diabete e l’ipertensione ad esso associata. Lo studio ha rilevato che la quinoa è ricca di un antiossidante chiamato quercetina (appartenente alla famiglia dei flavonoidi). La quercetina ha innumerevoli funzioni, tra cui quella di ripristinare le concentrazioni di vitamina E nell’organismo, disintossicare le cellule e ridurre la produzione di ossido nitrico durante i processi infiammatori, migliorandoli.

·  Aumenta il senso di sazietà, ritardando la comparsa del senso di fame, e aiutando a controllare l’appetito e l’aumento di peso, rispetto alla capacità del riso o del frumento.

·  È uno dei rari cereali la cui elevata componente proteica (del 15%, contro il 10% circa delle proteine fornite da 100 grammi di pasta o del 7% circa del riso parboiled) fornisce in modo bilanciato tutti gli aminoacidi essenziali (cioè non producibili dal nostro organismo e quindi da assumere necessariamente con gli alimenti. Gli aminoacidi sono i “mattoncini” che costituiscono le proteine).

·  È il cereale integrale a più elevato contenuto di potassio, grazie al quale ci si aiuta a mantenere regolare la pressione arteriosa.

· L’European Journal of Nutrition riporta uno studio - condotto dall’Università di Milano - in cui è emerso che la quinoa comporta una minore produzione di acidi grassi liberi e di trigliceridi rispetto ad altri prodotti senza glutine. 

La quinoa in cucina!

I suoi chicchi sono pronti da mangiare in 15 minuti, come alcuni tipi di pasta.
Prima di cucinarla, assicurarsi di sciacquarla bene anche se viene acquistata nelle confezioni già pronte al consumo. Questo perché i chicchi di norma sono avvolti da un rivestimento amaro, chiamato saponina, che li protegge dai parassiti e che quindi rende facile la coltivazione del cereale senza l’impiego di pesticidi e altre sostanze chimiche. Anche se la maggior parte della quinoa commercializzata è stata già precedentemente privata del suo rivestimento amaro, può essere utile risciacquarla prima della cottura per eliminare del tutto eventuali residui di saponina.
Si può capire il suo giusto punto di cottura anche semplicemente guardandola mentre cuoce: a fine cottura infatti la piccola codina bianca attaccata al chicco spunta fuori.
Il suo sapore è delicato e si abbina a qualsiasi tipo di condimento. E’ adatta specialmente come primo piatto, ma si abbina molto bene anche ai secondi di carne.
È possibile consumarla sia calda che a temperatura ambiente.

Ricetta di Quinoa con Verdure


…alcuni aneddoti sulla quinoa… 

  • Il nome botanico della quinoa – Chenopodeum significa “piede d’oca”, così definito per la forma delle foglie della pianta somiglianti a quello di una zampa di oca.
  • I guerrieri Inca mangiavano la quinoa durante le marce verso le battaglie per sentirsi in forze.
  • La NASA ha proposto la quinoa come alimento ideale per le lunghe spedizioni spaziali.
  • Chicha è una birra tradizionale prodotta dalla quinoa fermentata.
  • Un tempo venivano preparati impiastri di quinoa da applicare sul corpo per portare a guarigione le ossa, ma i suoi scopi non erano solo terapeutici, infatti le famiglie Andine usavano l’acqua di lavaggio della quinoa, contenente saponina, come shampoo.





6 maggio 2013

I fiori… nel piatto!


Anche se un po’ in ritardo, la primavera è arrivata e le fioriture sono iniziate.
Molti dei fiori che sbocciano a primavera, oltre che belli e profumati, sono anche commestibili, da provare mettendo in pratica qualche nuova ricetta, che può essere un antipasto o un dessert.
Nel tempo è andata perduta l’abitudine di raccogliere fiori direttamente dalla natura per consumarli a tavola, ma questa era una pratica tipica della civiltà cinese, romana e greca.
Ad oggi, gli unici fiori che fanno parte della quotidianità dei nostri piatti, sono i fiori di zucca, i fiori del rosmarino e lo zafferano.




Non tutti i fiori sono commestibili.
E’ necessario quindi fare attenzione alla scelta dei fiori quando vengono colti perché non tutti possono essere usati per preparazioni culinarie, ed anzi, mangiare determinati fiori può essere mortale!

Qualche raccomandazione:
1)  Mangia solo i fiori che si è sicuri di poter consumare;
2)  Evita di consumare i fiori del vivaista o del fioraio poiché trattati con pesticidi e altri agenti chimici;
3)  Non cogliere fiori presenti in parchi pubblici e per strada;
4)  Consuma solo i petali, non i pistilli, né i gambi;
5)  Evitare di consumarli se sono accertate allergie a qualche tipo di fiore



Quali fiori mangiare?
Aneto (con sapore simile all’erba)
Angelica (simile alla liquirizia)
Borragine (sa di cetriolo)
Calendula (dal gusto piccante e pepato)
Camomilla (tipica per tisane, dal sapore dolce)
Cerfoglio (simile all’anice)
Citrus (fiori di arancio, limone, pompelmo, lime)
Crisantemo (piccante, pungente e un po’ amaro)
Dente di leone (o Tarassaco, i cui boccioli possono essere conservati sott’aceto. Il gusto è simile a quello dei capperi)
Fiordaliso (da evitare il gambo e preferire i fiori)
Garofano (dai petali dolci)
Gelsomino (da usare nel tè o per dolci come le frittelle di gelsomino)
Lavanda (per piatti dolci e salati)
Lilla
Margherita (più per guarnire i piatti che per insaporirli)
Rosa (ideali in tè, dolci e marmellate. Più scura è la rosa, più marcato il sapore)
Trifoglio (con sapore delicato, di liquirizia)
Viola (sapore simile alla menta, ideale per insalata, pasta, frutta e bibite)

….e tanti, tanti altri!



Come pulirli?
Lavare i fiori sotto acqua corrente uno per uno, con un getto ovviamente non troppo forte, farli poi sgocciolare e asciugare bene.
Rimuovere pistilli e gambi, che potrebbero alterare il gusto dei piatti.
Fiori da evitare 
Agrifoglio, Anemone, Azalea, Belladonna, Camelia, Castano d’India, Ciclamino, Euforbia, Mughetto, Narciso, Oleandro, Ortensia, Rododendro… 
e altri ancora 


Una ricetta…


Risotto di viole
Per 4 persone
Riso g 350, viole 1 mazzo, ½ litro di brodo vegetale, 70 ml di prosecco, olio extravergine d’oliva, 1 scalogno, sale e pepe

Fare appassire lo scalogno in due fili d’olio. Unire il riso e tostarlo per due minuti. Bagnare con il prosecco e farlo sfumare.
Unire un mestolo di brodo alla volta  e portare a cottura il riso, per poi regolare di sale e pepe.
Mantecare il risotto con dell’olio extravergine d’oliva e aggiungere i petali di viole, mescolare appena e servire.
Buon appetito!
(da Fiorfiore in Cucina – rivista mensile)





Fonti: Slow Food 

3 maggio 2013

Sindrome premestruale e scelte a tavola



Tra i sintomi della sindrome premestruale rientrano quelli fisici (come acne, mal di schiena, gonfiore, seno sensibile e mal di testa), voglie nei confronti di particolari cibi, e sintomi psicologici (come ansia, irritabilità e insonnia).




L’alimentazione può aiutare a regolare la comparsa dei sintomi da sindrome premestruale:
  • Il calcio può ridurre la ritenzione liquida e regolare le sostanze prodotte dal nostro cervello e correlate al tono dell’umore. Indipendentemente da questo, l’assunzione di calcio è importante per mantenere nel tempo la salute delle ossa, dato che la maggior parte delle donne non ne assume a sufficienza. Per assicurare all’organismo un quantitativo minimo di calcio devo…
  • fitoestrogeni – o estrogeni vegetali – sono sostanze naturalmente presenti in alcuni vegetali in grado di ridurre alcuni dei sintomi premestruali. Gli studi scientifici non hanno ancora determinato quale sia il quantitativo necessario da assumere per questo scopo o quale sia l’interazione tra i fitoestrogeni e altri ormoni… comunque sia si tratta di sostanze benefiche per l’organismo in quanto esercitano un’azione antiossidante – riducono quindi l’invecchiamento delle cellule grazie ad un meccanismo di difesa attivato contro i radicali liberi, responsabili di innumerevoli patologie, tra cui i tumori – e un’azione estrogenica – regolando le concentrazioni di estrogeni sia in caso di carenza che di eccesso. Oltre a prevenire la sindrome premestruale, prevengono e curano le vampate di calore in caso di menopausa, prevengono le malattie cardiovascolari, migliorano il metabolismo osseo ma non sono indicati nelle donne in chemioterapia a causa di cancro al seno e nelle donne predisposte ad esso.Si trovano in innumerevoli alimenti: trifoglio rosso, tofu, tempeh, soia e prodotti derivati dalla soia.
  • Se sei particolarmente soggetta a ritenzione idrica nei giorni precedenti il ciclo mestruale, prova a ridurre il quantitativo di sale impiegato in cucina per una settimana-10 giorni prima del ciclo e bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, aiutandosi anche con tisane drenanti o tè. Per ridurre i quantitativi di sale, fai attenzione anche ai prodotti confezionati (crackers, grissini, schiacciate, patatine, salatini, ecc), ai prodotti affumicati, inscatolati, in salamoia e sotto sale.


  • Integratori alimentari? Nessuna ricerca fino ad oggi assicura che integratori di vitamine o magnesio siano in grado di alleviare i sintomi della sindrome premestruale, anzi. E’ sempre opportuno non prendere sotto gamba gli integratori alimentari nonostante siano il più delle volte a base di sostanze naturali. Megadosi di vitamina B6, ad esempio, possono provocare danni al sistema nervoso.


In generale non esiste una dieta specifica da seguire per questa tipica condizione femminile. L’American College of Obstetricians e Gynecologists suggerisce in generale di condurre uno stile alimentare sano e variato, consumando carboidrati complessi (pasta, pane, riso, farro, orzo, ecc), calcio (yogurt, latte, formaggi preferibilmente stagionati, parmigiano sui primi piatti e acqua), moderando i grassi e riducendo le dosi di sale, zuccheri aggiunti, caffeina e alcolici. 

Anche l’attività fisica può portare benefici!
Prima di tutto perché l’allenamento provoca il rilascio di endorfine (dette anche “ormoni del benessere”) così da migliorare il tono dell’umore… proprio durante i giorni precedenti il ciclo, i livelli di endorfine si abbassano;
Secondo: perché se tendi a mangiare di più durante questo periodo, l’attività fisica ti aiuta a mantenere il peso;
Terzo: perché sudare durante l’attività può ridurre il gonfiore se soffri di ritenzione idrica. 

30 aprile 2013

APRILE, MAGGIO, GIUGNO E LUGLIO: I MESI DELLE FRAGOLE


Molto spesso si è portati a credere che i frutti di stagione che consideriamo più appetibili, siano anche i più calorici e il cui consumo di conseguenza debba essere moderato, tale da privilegiare prevalentemente i classici frutti invernali, tra cui mele e pere, finendo col consumare sempre la solita frutta.
Anche le fragole rientrano fra i frutti spesso etichettati come zuccherini e “che fanno ingrassare”. 


Sfatiamo il mito: il principale componente delle fragole è l’acqua.
100 grammi di fragole apportano 27 kcal e solo 5 grammi di zuccheri (contro i quasi 14 grammi di zuccheri della mela, o degli 8,8 grammi della pera). Il contenuto di fibra alimentare è altrettanto basso (1,6 grammi).

Sono frutti il cui contenuto di vitamina C è sovrapponibile a quello delle arance. La vitamina C è un potente antiossidante che il nostro organismo non è in grado di produrre e per questo motivo gli alimenti ne diventano la fonte indispensabile. Gli antiossidanti hanno la funzione di bloccare l’azione dei radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento delle cellule e di innumerevoli patologie, tra cui i tumori.
A proposito di tumori, lAmerican Association for Cancer Research ha condotto uno studio nel 2011 focalizzando l’attenzione sul cancro all’esofago (il 3° tumore gastrointestinale più frequente). E’ stato scoperto che le fragole rallentano la crescita delle cellule tumorali. In questi casi è preferibile consumare 60 grammi di fragole al giorno, ma disidratate, poiché una volta private dell’acqua, a parità di grammi rispetto alle fragole  fresche, i principi attivi sono presenti in quantità più concentrate.


Un’altra importante caratteristica delle fragole sono i flavonoidi, in particolar modo le antocianine (vale a dire una classe specifica di flavonoidi). Queste sostanze contribuiscono a mantenere dilatate le arterie e a contrastare la formazione di placche aterosclerotiche (cioè di placche di colesterolo a livello dei vasi sanguigni).
A tal proposito la Harvard School of Public Health (USA) e l'University of East Anglia (Regno Unito) hanno pubblicato uno studio su Circulation, dove viene riportato che le donne che seguono un'alimentazione ricca di frutta e verdura, ma non mangiano fragole e mirtilli più di una volta al mese, sono più esposte a questo evento cardiovascolare rispetto a quelle che si garantiscono almeno tre porzioni alla settimana di questi frutti.




Fonti: Tabelle Composizione degli Alimenti - INRAN