“Nessun essere umano indifferente al cibo è degno di fiducia”

M. V. Montalbán


20 novembre 2014

Banane e uva: frutti troppo calorici da evitare?

Quando si parla di frutti, spesso mi viene chiesto se è necessario evitarne molti.
Banana al primo posto, seguita spesso da uva, ma anche da kaki, ciliegie, mandarini, cocomero e molti altri citati, vengono tutti considerati frutti che fanno ingrassare perché ipercalorici e ricchi di zuccheri rispetto ad altri. La conclusione è quella di doverli evitare, riducendo così la lista della frutta permessa a mele, pere e arance sia quando la stagione lo permette che non, a scapito della varietà e della stagionalità su cui si basa la dieta mediterranea.
Paragonando fra loro i frutti sopra citati, le calorie e la quantità di zuccheri per 100 grammi di parte edibile in realtà variano di poche unità.
L’unico vero fattore variabile è l’indice glicemico (IG), cioè la velocità con cui un alimento innalza la glicemia, vale a dire la quantità di glucosio nel sangue.
Le calorie totali quindi non sono l’unico valore da prendere in considerazione per valutare quanto è in grado un alimento di incidere sull’aumento di peso. L’aumento di peso, oltre ad una dieta ipercalorica associata a sedentarietà, è favorito dall’iperinsulinismo, cioè dall’iperproduzione dell’insulina, un ormone utile per mantenere a livelli di normalità la concentrazione di zucchero nel sangue (l’ormone che, quando non funziona più, apre la strada al diabete). L’iperproduzione di insulina è quindi correlata all’aumento di peso; al contrario, una ridotta produzione dell’ormone, si associa a perdita di peso.

Per evitare l’eccessiva produzione di insulina è importante scegliere di consumare alimenti che non innalzino velocemente la glicemia, cioè quelli a basso indice glicemico, che inducono un basso rialzo della glicemia.
Quando vengono consumati abitualmente alimenti ad alto indice glicemico, l’organismo stimola il rilascio dell’insulina per ripristinare a livelli normali la glicemia. Ma la continua stimolazione dell’insulina può favorirne il malfunzionamento (si parla di insulino-resistenza), causando così una lunga permanenza di glucosio del sangue che porta nuovamente l’organismo a richiedere altre dosi di insulina, instaurando un circolo vizioso che non porta altro che al peggioramento dell’iperinsulinismo esistente.

Ma perché l’iperinsulinismo provoca l’aumento di peso?
Perché va ad agire sul metabolismo dei grassi:
·         bloccando il processo che porta allo smaltimento dei grassi di riserva
·         favorendo, al contrario, il deposito dei grassi nel tessuto adiposo, e aumentando la dimensione delle cellule grasse (gli adipociti)
·         trasformando il glucosio in eccesso presente nel sangue in grasso (trigliceridi) che si depositerà nel tessuto adiposo, favorendo anche l’aumento della circonferenza addominale

Se invece il consumo di alimenti ad alto indice glicemico resta saltuario, non si verificherà certo l’iperinsulinismo. In quell’occasione verrà comunque stimolato un rilascio maggiore di insulina per ridurre la glicemia, senza però conseguenze negative a lungo termine sull’organismo.


In generale è quindi molto importante basare l’alimentazione sulla scelta di cibi a basso indice glicemico per evitare l’eccessivo aumento di peso, ma anche la manifestazione irreversibile del diabete.
Tra i frutti citati all’inizio non ci sono differenze sostanziali in termini di calorie e zuccheri. Ciò che varia realmente è l’indice glicemico (alto: rosso; medio: giallo; basso: verde).
Sicuramente non è consigliabile consumare troppo spesso quelli ad alto indice glicemico ma qualche grappolo di uva quando è stagione o una banana consumata fuori casa per questioni di praticità non ha mai fatto male a nessuno. Ci sono inoltre alimenti il cui indice glicemico è medio-alto, ma il loro contenuto totale di carboidrati è basso (segnati con asterisco in tabella). In questo caso il loro consumo in quantità normale ha un effetto trascurabile sulla glicemia.
Il consiglio principale è questo: variare il più possibile il tipo di frutta consumata sia durante il giorno che durante le settimane, evitando specialmente l’associazione, nell’arco della stessa giornata, di più porzioni di frutta ad alto indice glicemico.
  
Frutta
Kcal
Zuccheri
IG
Mela
53
13,7
35
Pera
35
8,8
30
Arancia
34
7,8
35
**Banana (matura)
65
12,8
55
Uva
61
15,6
45
Kako
65
16
50
Kiwi
44
9
50*
Mandarino
72
17,6
30
Ciliegia
38
9
25
Pesca
25
5,8
35
Albicocca
28
6,8
35
Cocomero
16
3,7
75*
Melone
33
7,4
75*
Castagna
165
8,9
60

**Banana (verde) IG 35

18 novembre 2014

Bambini obesi…come intervenire e prevenire?

Chiedere un parere al pediatra o al dietista per stabilire l’adeguatezza del peso del proprio figlio può essere un valido punto di partenza. I genitori, avendo il bambino sotto gli occhi quotidianamente, potrebbero non essere in grado di valutare obiettivamente il suo peso.
Lo strumento di cui si servono i professionisti della salute per stimare il peso più appropriato per un bambino, in relazione all’età, al sesso e all’altezza, è la tabella dei percentili.  Quando l’IMC (Indice di Massa Corporea) è compreso tra l’85°e il 95° percentile si parla di sovrappeso; quando viene superato il 95° percentile, il bambino è obeso.

La priorità in certi casi va data all’educazione alimentare, rivolta prima di tutto ai genitori col fine di renderli consapevoli e in grado di trasmettere le conoscenze ai propri figli attraverso l’esempio quotidiano, privando loro della responsabilità di gestire in prima persona un problema più o meno grave, che è prioritario affrontare, senza ignorarlo o rimandarlo nel tempo. L’obesità è infatti una condizione che negli anni aumenta, e non è aspettando che il bambino sia finalmente adolescente, quando potrà prendere coscienza del problema, che verrà più facilmente risolta, anzi. Durante l’adolescenza è più difficile aiutare i figli con l’esempio ed è più probabile che si instaurino problemi psicologici, legati all’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico e alla riduzione dell’autostima, associata spesso a episodi di derisione da parte dei coetanei o dal confronto con gli altri.

Non è mai troppo tardi per intervenire e migliorare il proprio stile di vita. I punti chiave su cui lavorare sono quindi due: alimentazione e attività motoria.
L’aspetto che spaventa maggiormente i genitori nell’affrontare un problema di questo genere, sta nel pensare di dover mettere a dieta il bambino, ponendolo di fronte a sacrifici e privazioni. In realtà si dovrebbe pensare che il lavoro principale stia nel mangiare più sano, seguendo gli innumerevoli consigli alimentari, quantitativi e soprattutto qualitativi, che il dietista fornisce alla famiglia, che per prima si deve mettere in gioco nel modificare lo stile di vita.
Oggi la dieta mediterranea è il modello alimentare più studiato e approvato dalla scienza, su cui dovrebbe basarsi lo stile alimentare di tutti, anche dei più piccoli.
Fondandosi su questo tipo di stile alimentare, il dietista dà indicazioni sulle porzioni adeguate per il bambino in base alla fascia di età considerata, su ciò che a tavola è bene limitare o favorire, sull’importanza della distribuzione dei pasti durante la giornata (i bambini obesi tendono a consumare troppe calorie ad un unico pasto) e sull’opportunità che la dieta mediterranea ci offre: una vasta varietà di cibi, dove niente è vietato, e i sacrifici da dover affrontare sono irrisori e soggettivi, correlati alle proprie abitudini alimentari di sempre, che devono avere il tempo necessario per essere sostituite nel lungo termine da altre più salutari.


Alimentazione e attività motoria quotidiana si trovano sullo stesso livello di importanza. I vantaggi dell’attività fisica sono davvero tanti e aiutano a mantenere nel lungo termine i risultati ottenuti con le modifiche dello stile alimentare.
Grazie all’attività fisica:
  • viene ridotto il senso di fame, soprattutto quando si tratta di “fame nervosa”, cioè quando il bambino chiede cibo per placare la noia, l’ansia o la preoccupazione, associando così il cibo alla soluzione dei suoi problemi
  • il metabolismo accelera
  • migliora l’umore, ci si rilassa, aumenta l’autostima, si riduce la noia, la tristezza e la stanchezza
  • viene facilitato il consumo delle calorie ingerite
  • viene favorita la socializzazione fra coetanei nei momenti di gioco
Per favorire il cambiamento dello stile di vita, mantenendolo nel tempo, è importante proporre al bambino attività che lo interessino, che lo divertano, evitando allo stesso tempo attività di elevata intensità, di tipo agonistico, che potrebbero metterlo in difficoltà a livello fisico e psicologico nello svolgimento di ciò che l’allenatore richiede. E’ opportuno considerare le caratteristiche fisiche del bambino obeso, per il quale sarà inizialmente più opportuno dedicarsi ad attività di bassa intensità, come andare in bicicletta, saltare la corda, fare nuoto libero, giocare con il pallone, per poi prolungare la durata degli esercizi, fino al raggiungimento di almeno un’ora al giorno.



L’importanza dell’attività fisica non consiste unicamente nell’iscrivere un bambino ad una società sportiva o ad uno sport di squadra qualsiasi. Muoversi nel quotidiano significa anche giocare all’aria aperta con altri bambini o da soli, fare le scale anziché prendere l’ascensore, camminare un po’ per andare a scuola, limitare le ore davanti alla televisione e ai videogiochi, sostituendoli con qualcosa che preveda un impegno fisico (come i vecchi tempi, quando per giocare i bambini si trovavano dopo la scuola ai giardini o al parco per condividere la spensieratezza e momenti di socializzazione). La motivazione al movimento aumenta quando trova piacere a seguire l’esempio di persone per lui importanti, fra cui gli amici.