LA DEFORESTAZIONE INDONESIANA
A causa della domanda sempre maggiore di olio di palma da parte dell'industria alimentare, cosmetica e di biocarburanti, sta aumentando la distruzione delle torbiere e delle foreste pluviali indonesiane. L'Indonesia e la Malesia sono infatti i paesi maggiori di importazione.
L'incendio e la degradazione delle torbiere
indonesiane comporta il rilascio annuale di circa 1,8
miliardi di tonnellate di gas serra.
Le dimensioni della torbiera
di Riau - nell'Isola di Sumatra - si estende per più di 4 milioni di
ettari (paragonabile alla superficie di Svizzera o Taiwan) e trattiene
circa 14,6 miliardi di tonnellate di carbonio. Se queste torbiere
venissero distrutte, verrebbe emessa una quantità di gas serra
nell'atmosfera pari a quella emessa dal pianeta in un anno (49 miliardi
di tonnellate di CO2).
L'assorbimento di CO2 da parte dei vegetali
è di 9,5 miliardi di tonnellate, che si riducono a 3,7 di assorbimento
netto a causa della deforestazione.
LE AZIENDE COINVOLTE
Negli ultimi 50 anni sono stati rasi al suolo 74 milioni di ettari della foresta indonesiana, mentre i suoi prodotti (fra cui l'olio di palma) vengono spediti sui mercati di tutto il mondo e adottati nelle famose aziende, fra cui rientrano Nestlé e Unilever (di cui, tra i marchi alimentari, rientrano Algida, Calvé, Knorr, Lipton, ma anche i prodotti per l'igiene personale come Dove, Mentadent, Sunsilk e i prodotti per la cura della casa come Cif, Coccolino e Svelto).
In particolare, l'Unilever è la società di maggior rilievo nel mercato dell’olio di palma. Utilizza circa 1.2 milioni di tonnellate di olio di palma ogni anno,20 ovvero circa il 3% della produzione mondiale di olio di palma, prevalentemente proveniente da Indonesia e Malesia.
Altre grandi marche sono complici dell’espansione delle coltivazioni di palma da olio a spese delle torbiere indonesiane. Tra questi: KitKat, Pringles, Philadelphia, Gilette, Burger King e McCain.
COSA RISCHIAMO
Se non verranno ridotte le emissioni di gas serra globali c'è il rischio che si inneschi una vera e propria BOMBA CLIMATICA, quindi un aumento di temperatura, che è distruttivo per gli ecosistemi e che può indurre a ulteriori emissioni. Secondo il Comitato Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (CICC) maggiori saranno i ritardi sui tagli delle emissioni di gas serra, maggiori saranno i danni ecologici e sociali, così come i costi economici.
Un rapporto pubblicato da GreenPeace "riconosce che le piantagioni di olio di palma sono le principali
responsabili della distruzione delle foreste pluviali in Indonesia e Malesia". Le piantagioni di olio di palma soddisfano le richieste del mercato globale di olio vegetale economico da utilizzare nella produzione di cibo, cosmetici e carburanti. Rispetto all’anno 2000 si prevede che la domanda di olio di palma sui mercati internazionali verrà raddoppiata nel 2030 e addirittura triplicata nel 2050.
responsabili della distruzione delle foreste pluviali in Indonesia e Malesia". Le piantagioni di olio di palma soddisfano le richieste del mercato globale di olio vegetale economico da utilizzare nella produzione di cibo, cosmetici e carburanti. Rispetto all’anno 2000 si prevede che la domanda di olio di palma sui mercati internazionali verrà raddoppiata nel 2030 e addirittura triplicata nel 2050.
IL BIOCARBURANTE
Una ristretta squadra di giocatori molto potenti controllano una grossa fetta del mercato di palma da olio. Primeggia tra questi la Cargill, la più grande società privata del mondo, seguita da ADM-Kuok-Wilmar, al momento il più grande produttore di biocarburanti. E infine la Synergy Drive, una società controllata dal governo malese che sta per diventare il più grande produttore di olio di palma.
Le strategie di espansione di questi colossi industriali gettano un’ombra minacciosa sulle nostre future possibilità di ridurre le emissioni dei gas serra. Approfittando, inoltre, della diffusa preocupazione, a livello internazionale, per la salute del clima del pianeta queste società promuovono l’olio di palma come una soluzione ecologica per la produzione di biocarbutanti.
Le strategie di espansione di questi colossi industriali gettano un’ombra minacciosa sulle nostre future possibilità di ridurre le emissioni dei gas serra. Approfittando, inoltre, della diffusa preocupazione, a livello internazionale, per la salute del clima del pianeta queste società promuovono l’olio di palma come una soluzione ecologica per la produzione di biocarbutanti.
La distruzione delle foreste pluviali tropicali determina un quinto delle immissioni di gas serra nell’atmosfera, più di quanto emettano tutte le macchine, i camion e gli aeri del mondo. La distruzione delle torbiere indonesiane, da sola, determina quasi il 4% delle emissioni globali ed annuali di gas serra.
LE SOLUZIONI PROPOSTE DA GREENPEACE
1) Fermare la deforestazione = Risparmio in emissioni superiore ai 2 miliardi di tonnellate all’anno.
2) Bloccare gli incendi in Indonesia e stabilire una moratoria sulla conversione agricola delle torbiere: risparmio in emissioni di crica 1.3 miliardi di CO2 all’anno.
3) Ripristinare le torbiere indonesiane degradate: Risparmio di emission di circa 0,5 miliardi di tonnellate di CO2. Un progetto di Wetlands International si propone oggi di riabilitare una superficie di 43.500 ettari di torbiere degradate nella regione centrale di Kalimantan. Atraverso questo progetto verrà evitata l’immissione di 3.4 milioni di tonnellate di CO2 atraverso un unico investimento di 500.000€. Solo 0,5€ a tonnellata!
Questi tre risultati, da soli, ci farebbero risparmiare emissioni per 3.8 miliardi di CO2.
Quasi l’8% delle emissioni annue di gas serra a livello globale.
Fonti: Rapporto Olio di Palma - Come ti friggo il clima (con l'olio di palma), Greenpeace, 2007